Nonostante la crisi economica e la crisi energetica conseguente al conflitto in Ucraina continua ad aumentare il numero di partite IVA aperte nel 2022 rispetto allo scorso anno. E metà di queste ha aderito al regime forfettario.
Questa nuova fetta di professionisti si aggiunge al già vasto popolo di lavoratori autonomi che si trova fuori dai radar del primo pilastro pensionistico e risentirà maggiormente delle riforme del sistema contributivo del 2012.
Se sei un professionista a partita Iva potresti infatti ricevere un assegno previdenziale compreso tra il 30% e il 45% dell’ultimo stipendio percepito, un importo tendenzialmente più basso rispetto ai lavoratori dipendenti.
Ma per avere un quadro più chiaro del futuro, senza troppe supposizioni, è necessario sapere quanto stai versando di contributi e come puoi calcolare la pensione futura.
Quest’articolo è rivolto a chi come te ha già una partita Iva o sta pensando di cambiare lavoro e vuole comprendere che impatto avrebbe non solo sul suo presente ma soprattutto sul suo futuro.
Indice Articolo
Passare da dipendente a partita iva
C’è chi lo fa per acquisire maggiore libertà e autonomia nello svolgimento del proprio lavoro, chi vuole cimentarsi in un nuovo ambito professionale e non trova altro modo per farlo.
Il passaggio alla partita iva è una realtà che in molti stanno sperimentando, soprattutto nell’ultimo periodo, vuoi per la pandemia che ha portato molte persone a rivedere abitudini e priorità, vuoi per gli effetti reali sul mondo del lavoro. Una serie di fattori che hanno accelerato un trend che in realtà era già in atto, sfociando nel fenomeno delle “grandi dimissioni”.
Questa scelta, oltre ad avere effetti sulla vita personale e professionale, ne ha anche a livello economico e previdenziale. Non parleremo qui di quando e se conviene passare alla partita iva in Italia, non ne avremmo gli strumenti ed è in generale i un discorso articolato e di convenienza “soggettiva”.
Prima di abbracciare il passaggio all’indipendenza professionale ti consigliamo di approfondire però quali sono i principali effetti sulla previdenza obbligatoria, dalla pensione di vecchiaia a quelle di inabilità, invalidità e premorienza.
Una premessa è d’obbligo: in quest’articolo non possiamo analizzare tutte le differenze possibili tra la situazione previdenziale di un dipendente e di un libero professionista. Questo perché non esiste una sola casistica: si possono avviare numerose attività con partita iva (nel commercio, nel settore accoglienza, immobiliare, studio commercialista, medicina e così via) e ogni attività/professione ha le sue regole. E se è prevista l’iscrizione a una determinata cassa professionale quasi sicuramente è necessario versare i contributi nel fondo di riferimento.
Ad esempio:
- un commercialista verserà i contributi nella cassa CNPADC
- un medico verserà i contributi nella cassa ENPAM
- un farmacista verserà i contributi nell’ENPAF
- un freelance, un consulente digital, ecc. li verseranno all’INPS.
Come potrai immagine ogni cassa ha le sue regole, sia per i versamenti sia per il calcolo delle pensioni.
I liberi professionisti “senza cassa” sono tutti i lavoratori indipendenti che svolgono un’attività professionale non regolamentata da un Albo. Per loro la regola generale è che sono obbligati al versamento di un contributo previdenziale sulla base del reddito generato dal loro lavoro autonomo e devono iscriversi alla gestione previdenziale amministrata dall’INPS, la Gestione Separata.
Cosa sono i contributi?
È importante sapere che i contributi previdenziali ed assistenziali (sia per un dipendente che per un libero professionista) sono delle somme di denaro versate da chi lavora nel corso degli anni. In caso di lavoratore autonomo sarà direttamente lui a versarli, mentre per il dipendente saranno a carico del datore di lavoro.
Questi contributi servono a finanziare due diverse prestazioni:
- prestazioni pensionistiche
- prestazioni assistenziali (es. indennità e bonus).
Quindi i contributi previdenziali rappresentano quei mattoncini che vanno a costruire la pensione di anzianità, oltre alla pensione di reversibilità per i membri della famiglia e a un’eventuale pensione di invalidità.
Contributi Inps partita iva regime forfettario
Il regime forfettario è uno dei regimi fiscali sostitutivi dell’IRPEF previsto per titolari di partita IVA, che prevede una tassazione agevolata del 15%, e del 5% per le nuove attività.
Molti liberi professionisti all’inizio della propria attività vengono indirizzati verso questa soluzione, anche perché il totale dei ricavi o compensi supererebbe difficilmente la soglia massima degli 85.000 euro l’anno previsti come requisito.
Per i titolari di partita Iva in regime forfettario il calcolo dei contributi Inps dipende da diversi fattori, tra cui l’iscrizione alla Gestione separata professionisti senza cassa o alla Gestione Inps artigiani e commercianti.
Per il calcolo dei contributi userà la seguente formula: Reddito fiscale= Fatturato x coefficiente di redditività.
La circolare 22 dell’INPS disciplina che i titolari di partita IVA in regime forfettario e iscritti alla gestione separata INPS artigiani e commercianti possono beneficiare della riduzione dei contributi INPS del 35% dei contributi dovuti.
Contributi previdenziali: come funziona se si è sia lavoratori dipendenti che possessori di partita iva
Apriamo qui una parentesi per chi svolge parallelamente due attività, una come dipendente e l’altra da autonomo. Capita spesso, ad esempio, che un dipendente di un’agenzia creativa svolga anche delle consulenze all’esterno della stessa.
Partiamo dal presupposto che sì, le due attività sono compatibili, ma ci sono delle condizioni a cui prestare attenzione e delle differenze tra dipendenti pubblici o privati.
Un dipendente privato può aprire partita IVA (ditta individuale, regime forfettario o società), mantenendo il proprio contratto di lavoro dipendente a patto che non vi sia concorrenza tra le due attività. Mentre un dipendente pubblico può aprire partita iva solo ed esclusivamente se il suo contratto pubblico è part-time al 50% [o a scendere] e solo se non contrasta con il principi di esclusività e incompatibilità del Pubblico impiego.
Facciamo un esempio:
Luca è impiegato in un’azienda e ha deciso di diventare un libero professionista nel settore della consulenza aziendale. Per qualche tempo, prima di fare il grande salto, porterà avanti entrambe le attività. Luca in qualità di dipendente sta già versando i contributi all’INPS, aprendo una partita iva come consulente aziendale rimarrà sempre in una gestione INPS, ma in una gestione separata.
Come vengono calcolati i contributi in questo caso? Luca dovrà pagarli due volte?
Per verificare se un lavoratore dipendente che avvia un’attività parallela di lavoro autonomo è tenuto a versare i contributi INPS per entrambe le attività bisogna innanzitutto stabilire quale gestione previdenziale è prevista per il tipo di partita iva aperta e quali regole segue.
Detto ciò si possono verificare le seguenti condizioni:
- Se Luca avvia un’attività d’impresa commerciale ma l’attività prevalente resta quella del lavoratore dipendente full time, sia per il tempo dedicato che per il reddito (se il reddito che deriva dal contratto di dipendente è superiore al reddito della attività con piva), non sarà tenuto all’iscrizione alla Gestione commercianti dell’INPS e quindi non è dovuto il versamento di ulteriori contributi. In poche parole se tutti i requisiti sono rispettati può chiedere l’esenzione dal versamento dei contributi fissi annui sul minimale pari a 3.600 euro circa;
- Se si tratta di libera professione, oltre a quella da dipendente, dovrà iscriversi alla Gestione separata INPS versando i contributi previdenziali con aliquota ridotta.
Per il conteggio finale dei contributi versati ogni anno basta moltiplicare la base imponibile annua per l’aliquota di computo:
- del 33% per i periodi di contribuzione da lavoratore dipendente;
- del 24% per i periodi di contribuzione da lavoratore autonomo;
- dal 24% al 33% per gli iscritti alla gestione separata INPS.
Un libero professionista iscritto alla gestione separata può beneficiare di sconti fino al 35% sui versamenti accantonati.
Come calcolare i contributi versati: un esempio di professionista a partita iva
Per proseguire in questa analisi riprendiamo come esempio Luca che, in una realtà parallela, ha scelto di intraprendere la libera professione fin dal principio.
Ipotizziamo che Luca abbia iniziato a lavorare a 25 anni come consulente aziendale: il suo Codice Ateco è 70.22.09 e prevede un coefficiente di redditività pari al 78%.
Con le norme attuali Luca andrà in pensione a 67 anni, con 42 anni di contributi versati.
Facendo un rapido calcolo su un ipotetico stipendio lordo annuo di € 29.000, che corrisponde a circa € 2.230 mensili per 13 mensilità avrà:
- € 29.000×24%x42 anni di lavoro = € 305.000 di totale contributi versati
- € 305.000x 5,575% (coefficiente di pensione ai 67 anni attuali)= € 17.003,75 di pensione lorda annua, ossia € 1.307,98 lordi al mese per 13 mensilità.
Luca avrà una riduzione di circa il 42% rispetto al suo ultimo stipendio.
N.B. In queste simulazioni abbiamo cercato di semplificare aspetti molto più articolati, andando un po’ a forzare la mano nella sintesi: abbiamo arrotondato gli importi ed evitato di conteggiare situazioni reali come periodi di fermo lavorativo, sbalzi di reddito e così via.
Pensione di invalidità e partita iva
Forse ti starai chiedendo se ci sono differenze tra lavoratori dipendenti e autonomi anche per quel che riguarda le prestazioni assistenziali erogate dallo Stato per situazioni di difficoltà come invalidità, inabilità e premorienza.
All’interno della gestione INPS il sistema di calcolo delle pensioni non varia, le prestazioni possono però essere diverse perché le percentuali di accantonamento sono differenti.
Se i contributi sono i mattoncini che costruiscono le tue pensioni, più contributi avrai accantonato più alte saranno le tue prestazioni pensionistiche.
Per capire meglio partiamo da una breve descrizione (prendendo in considerazione come sempre l’INPS, perché altre casse possono avere regole differenti).
La pensione di invalidità viene erogata dall’INPS a seguito di una malattia o di un infortunio che come conseguenza porta ad una invalidità, certificata da un organo competente, dal 66% al 99%. Invece la pensione di inabilità viene erogata con una percentuale pari al 100%, ossia quando viene accertata una perdita assoluta e permanente a svolgere qualsiasi attività.
Per richiedere la pensione di inabilità lavorativa è necessario essere assicurati presso l’INPS da almeno 5 anni, contare su un’anzianità contributiva pari ad almeno 5 anni (260 contributi settimanali), dei quali almeno tre anni (156 contributi settimanali) siano stati versati negli ultimi cinque anni.
Vediamo ora un esempio modellato sul nostro Luca:
Perché la pensione di inabilità è più alta di quella di invalidità? Perché l’INPS “regala” in senso figurato dei contributi per supportare chi ha subito una gravissima malattia o un infortunio che lo ha reso totalmente impossibilitato a svolgere qualsiasi attività.
Come puoi chiaramente vedere da questo schema, a parità di RAL il Luca libero professionista riceverebbe 1.031,10 € di pensione in meno a causa della differente modalità di calcolo dei contributi.
Pensione integrativa per liberi professionisti: perché iniziare a pensarci
Se partiamo dal presupposto che le tutele dell’INPS per i professionisti sono minime, ogni lavoratore – specie se autonomo – non dovrebbe più fare totale affidamento sulla classica pensione statale. Può ricorrere alla previdenza integrativa, andandosi a costruire così una pensione “di scorta” attraverso fondi e polizze assicurative.
Ne avevamo parlato in questo articolo: https://assit.it/pensione-per-liberi-professionisti-miraggio-o-realta-da-costruire/
Un punto che abbiamo scelto di toccare perché chi decide di intraprendere la libera professione avrà sicuramente diversi vantaggi, ma dovrà sapere che di contro avrà meno tutele assistenziali, contrattuali e previdenziali.
Il consiglio è di pianificare con maggiore attenzione e consapevolezza il proprio futuro: se oggi integrare la pensione pubblica con la previdenza integrativa è una scelta, ben presto potrebbe diventare una scelta obbligata per mantenere un reddito sufficiente anche in pensione.
Ci auguriamo che questa serie di esempi reali possa aver chiarito le differenze tra i versamenti dei contributi tra un dipendente e un libero professionista iscritto all’INPS, e come funziona per quest’ultimo il sistema pensionistico.
Oltre alla pensione di vecchiaia, come hai visto, ci sono delle prestazioni erogate dallo Stato in caso di imprevisto, a prescindere dall’età, e di cui spesso non se ne conosce neanche lontanamente l’importo.
Le normative sono tante e venirne a conoscenza quando ormai è in corso la tempesta è troppo tardi.
Per questo suggeriamo di analizzare periodicamente il proprio estratto conto contributivo, ma non è sufficiente fare una simulazione sul sito della propria cassa di previdenza.
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- Controllare se ci sono stati degli ammanchi o degli errori contributivi
- Nel caso in cui tu abbia avuto lavori diversi, e dunque versato in casse diverse, controllare se c’è un rischio concreto di perdere una parte di questi contributi versati
- Conoscere il totale dei contributi versati e quanto si sono rivalutati. Potrebbero essere tanti soldi che non sai neanche di avere!
- Sapere con precisione quali sono le prestazioni di tutela che hai già maturato con la tua attuale cassa
- Capire se le tue attuali polizze o prodotti di previdenza sono all’altezza del tuo vero capitale umano
Basta una copia del tuo estratto conto INPS oppure una delega (ci penseremo noi a chiederlo per te) e poche altre informazioni che raccoglieremo in una call di massimo 30 minuti. Dopo pochissimi giorni riceverai il tuo dossier gratuito e scoprirai quali rischi corri e che impatto avrebbero sulla tua vita, sul tuo reddito, sui tuoi beni.
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